Non tutti nella Tuscia conoscono le atmosfere gotiche e romantiche che si respirano nel borgo di Celleno Antico. Eppure basta oltrepassare il centro abitato attuale di Celleno, e lasciarsi alle spalle la dimensione della modernità, per immergersi in un fascinoso “borgo fantasma“.
All’ingresso il severo Castello Orsini, restaurato dal pittore Enrico Castellani, con la porta d’accesso, il fossato e la sua torre di guardia. Intorno, il silenzio e le sagome delle case in rovina, in cui la vegetazione è tornata a reclamare spazi ed aria; resti di antiche e fiorenti abitazioni in cui un tempo fervevano le attività quotidiane, ridotte ormai a scheletri anneriti dal tempo. Ma quale calamità, quale catastrofe si abbatté mai su quello che in epoca etrusca e romana era un fiorente centro di traffici commerciali?
Celleno subì un destino crudele ad opera della natura e dell’uomo: alla fine del Seicento una fortissima scossa di terremoto danneggiò gravemente le abitazioni e isolò Celleno dal territorio circostante.
Nel 1789, anno reso celebre dalla Rivoluzione, il piccolo paese pagò un pesante tributo di sangue per una sconfitta in battaglia contro le truppe francesi.
Il terremoto tornò un secolo dopo a dare il colpo di grazia a questo sfortunato angolo di Tuscia: la popolazione superstite lo abbandonò definitivamente per fondare il paese nuovo a circa un chilometro di distanza.
Celleno Antica rimase malinconicamente a decadere, dimenticata per lungo tempo. Finché di recente non è tornata nuovamente in auge, così come è stato giustamente riscoperto l’altro “paese che muore” della Tuscia, Civita di Bagnoregio. Borghi dove il passato traspare come tra le maglie di un tessuto troppo largo per essere celato. Dove basta fermarsi ad ascoltare per percepire nel silenzio frammenti di parole pronunciate da persone che hanno vissuto, gioito e sofferto tanto tempo fa.
La foto iniziale è di Marco Aquilani – Officina Visiva.