Una terra ricca di storia e dalla forte impronta religiosa come la Tuscia non poteva certo rimanere indifferente al più grande poeta che la letteratura italiana abbia mai conosciuto. Dante Alighieri ha avuto spesso a che fare con Viterbo e i suoi dintorni, citando più volte nella Divina Commedia personalità originarie della provincia o fatti degni di nota qui avvenuti.
Primo esempio tra tutti è il “ruscello che parton poi tra lor le peccatrici”, il fiume infernale del Flegetonte, paragonato al Bullicame di Viterbo nel XIV Canto dell’Inferno; chissà, magari a suo tempo il poeta ha avuto modo di fare un rilassante bagno caldo in quelle stesse acque sulfuree in cui oggi i viterbesi trascorrono la domenica.
Altri versi della Commedia (Canto XII dell’Inferno) sono dedicati alla morte di Enrico di Cornovaglia, ucciso da Guido di Montfort nella Chiesa di San Silvestro a Piazza del Gesù a Viterbo.
Dante cita inoltre Ruggeri degli Ubaldini, un abile ecclesiastico pisano sepolto a Viterbo, che con tradimenti e abili manovre politiche riuscì a eliminare i capi guelfi della sua città, in particolare Ugolino della Gherardesca.
Non sfugge alla penna del poeta fiorentino nemmeno San Bonaventura, originario di Bagnoregio; certamente nella Commedia non mancano i pontefici che sono stati eletti quando Viterbo era sede del papato: si vuole qui ricordare in particolare Martino IV, collocato tra i golosi del Purgatorio a causa della sua famosa passione per le anguille del lago di Bolsena.
Nel centro storico di Viterbo e nella provincia sono diverse le piazze intitolate a Dante Alighieri: chi lo sa, può darsi che anche i suoi piedi abbiano calpestato quelle stesse strade che percorriamo noi oggi nella nostra quotidianità … forse mentre camminava pensava a Beatrice o magari nella sua mente rimbombavano i prossimi versi che avrebbe scritto.
Ma tutto questo purtroppo non lo sapremo mai, possiamo solo immaginarlo.