Siamo all’interno della terrazza del Palazzo dei Papi. Al centro di esso si trova una pregiata fontana abbellita dalle teste dei leoni, simbolo della città.

Perché Viterbo ha per simbolo araldico un leone? Ve lo siete mai chiesti?
Per dare una risposta a questa domanda dobbiamo fare un grosso passo indietro nel tempo, fino ad arrivare a circa 2600 ani fa, nel VI secolo avanti Cristo, quando la nostra terra era ancora chiamata SURINA, nome pervenuto dal dio etrusco Suri, regnante del mondo sotterraneo; le sorgenti termali così prossime alla città dovevano sicuramente suggestionare gli antichi abitanti tanto da fargli credere che le acque termali fossero un pezzo degli Inferi sulla terra.

Con il passare del tempo e la dismissione o inglobazione del culti etruschi con quelli romani il Bullicame divenne nientepopodimeno che il regalo del prode Ercole alla città; le sue acqua calde erano infatti rinvigorenti per l’eroe che qui veniva a cercare ristoro dopo ognuna delle numerose fatiche. Proprio a una di queste fatiche erculee dobbiamo il simbolo della città: tutti saprete che l’eroe greco dovette, durante la sua vita, affrontare 12 fatiche per espiare alcune gravi colpe; proprio la prima di queste fu la sconfitta e l’uccisione del leone di Nemea, bestia famelica dalla pelle impenetrabile che da anni ormai tormentava la città dalla quale prendeva il nome con le sue scorrerie assassine.

Ercole riuscì a sottomettere la creatura con il solo aiuto della forza bruta visto che la uccise soffocandola nella morsa delle sue braccia e da quel giorno in poi si adornò il corpo con la pelliccia dell’animale, rendendo così anche se stesso immune agli attacchi delle comuni armi da taglio.
L’eroe è sempre rappresentato con questo particolarissimo “indumento” che ,per distinguerlo da molti altri, viene chiamato leontè. Ecco quindi che la pelle del leone di Nemea diventa essa stessa simbolo di audacia e forza.

Il tempo passa e con lui se ne fluiscono via i miti e le leggende fino a quando però, nel Medioevo, Viterbo decise di darsi uno stemma araldico; torna così in pompa magna la figura di Ercole e del suo leone che per l’occasione viene raffigurato in stemma non rampante ma posato, fiero, robusto e forte. Fin dal 1172 il leone comparse nelle bandiere della città dei papi insieme all’antico motto “Non metuens verbum, Leo sum qui signo Viterbium”. “Non temendo offesa alcuna io sono il Leone che rappresenta Viterbo”.

Altri simboli si sono poi aggiunti per creare lo stemma cittadino come lo vediamo oggi ma quella, se volete, sarà storia per un altro momento.

Foto di Teitopro, dal suo profilo Instagram.

Anonimo

Scritto da:

Viola Vagnoni

Nella vita vorrei fare tre cose: dormire, mangiare e vedere/leggere fiction.
Se però mi trovate qui vuol dire che ne ho aggiunta una quarta ovverosia scrivicchiare.
Mi pare lapalissiano che non volevo farlo ma la vita è per la maggior parte composta da cose che non si vogliono fare.
Ci sono poi state anche altre aggiunte fastidiose alla sacra triade: una laurea in filologia moderna, un lavoro a tempo pieno, una casa da gestire (male), la fantasticheria buffa di voler fare la professorona.
Ma chi me lo fa fare di alzarmi la mattina, guardate.