C’è un’ombra oscura e taciturna che osserva costantemente le vicende dei viterbesi: i cittadini lo sanno, la conoscono e per questo non ne hanno paura.
Qualcuno va a trovarla la domenica, qualcun altro la rimira dal riflesso nello specchietto mentre è imbottigliato nel traffico settimanale, qualcuno addirittura la contempla sospirando, tornando forse con la mente a quando era bambino, ma una cosa è certa: a tutti, ogni tanto, capita di posarci lo sguardo.
Essa sembra incombere sulla città di Viterbo come a volerla stringere tutta, più che in una morsa direi in un abbraccio; presenza costante, osservatore silenzioso, consolatrice di fatiche, la Palanzana è il nostro monte.
Anche se non spicca per la sua altitudine (800 metri), il monte Palanzana domina la pianura in cui si estende il capoluogo della Tuscia.
Il terreno ha un’origine vulcanica, come gran parte del territorio circostante dei monti Cimini, e ospita una ricca vegetazione e zone in peperino (la roccia con cui è costruita la parte medievale della città), come potranno testimoniare i numerosi scalatori che ogni settimana decidono di concedersi una passeggiata ristoratrice in mezzo alla natura.
In cima alla salita, sulla vetta, un panorama che sarà difficile dimenticare: nel momento in cui lo sguardo si poserà sull’orizzonte, per un attimo ci si potrà sentire padroni e signori di quella piccola Viterbo che si estende ai propri piedi.
Sul punto più alto della Palanzana si trovava un’umile croce in ferro (oggi sostituita da una in legno a causa delle intemperie), posta lì in segno di grazia ricevuta dal viterbese Remo Anselmi, che nel 1964 rischiò di schiantarsi con il suo aereo su quel monte che egli non ha mai dimenticato.
È vero che osserva, ma non giudica; è vero che sovrasta, ma non soffoca; è vero che incombe, ma non minaccia; è vero che non risponde, ma ascolta; è vero che affatica, ma disintossica; e se è vero che regna sovrana, rispettiamola e saremo rispettati.
Passo dopo passo, salita dopo salita, in silenzio, saliamo sulla cima. E tacendo ammiriamo.
Foto tratta dal sito www.exploretuscia.com.