«Chi fossero veramente quell’uomo e quella donna non lo sapeva nessuno, in quel paesello di montagna, dove ogni estate venivano a fare il nido per tre mesi. Meglio chiamarli Rondone e Rondinella, come tutti in paese, perché ritornavano ogni anno, d’estate, non si sa da dove, al vecchio nido; perché svolazzavano irrequieti dalla mattina alla sera per tutto il tempo che durava il loro soggiorno là. Forse nessuno avrebbe mai pensato di chiamarli così, se quel signore straniero, il primo anno, non fosse arrivato con un lungo soprabito nero e in calzoni bianchi; e se, cercando una casetta appartata per la villeggiatura, non avesse scelto una villetta piccola piccola, come un nido di rondine, su in cima al greppo detto della Bastìa, tra i castagni. Un pezzo d’omone vigoroso, con gli occhiali d’oro e la barba nera, dallo sguardo ridente.
La Rondinella arrivava due o tre giorni dopo di lui, all’improvviso, e trovava il nido apparecchiato lassù, tra i castagni. Sorse fin dal principio il sospetto che lei fosse sposata e che ogni anno, libera per tre mesi, venisse là a trovar l’amante. Era piccola e trasparente, come fatta d’aria; pareva che, a toccarla appena, si dovesse spezzare. A immaginarla tra le braccia di quel pezzo d’omone impetuoso, si provava quasi sgomento. Ma tra le braccia di quell’uomo, che nella villetta lassù l’attendeva impaziente, lei, così piccola e fragile, correva ogni anno a gettarsi felice, senza nessuna paura. Ogni anno, per il paese, l’arrivo di Rondinella era una festa. Tutte le vecchie casette, che il tempo aveva vestito d’una patina rugginosa, aprivano le finestre al suo arrivo, rideva l’acqua delle fontanelle, gli uccelli parevano impazziti dalla gioia. Rondinella sorrideva tutta contenta e si voltava di qua e di là al cinguettio dei passeri saltellanti tra i rami delle alte querce di scorta all’erto stradone, che saliva da Orte al borgo montano. Tutti nel paese sorridevano nel vederli passare, quando andavano a mangiare alla trattoria. Si erano già tutti abituati a vederli, e sentivano che un’attrattiva, un godimento sarebbero mancati al paese, se quel Rondone e quella Rondinella non fossero ritornati qualche estate al loro nido lassù». […]
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Il 30 novembre del 1913 Luigi Pirandello pubblica sul Corriere della Sera la novella “Rondone e Rondinella”, una delle 365 previste nel progetto editoriale “Novelle per un anno”. Ve ne abbiamo fornito una versione parziale e soprattutto irrispettosa, per la quale il premio Nobel agrigentino ci vorrà perdonare 🙂 .
Due innamorati stranieri si incontrano di nascosto ogni anno per tre mesi nella nostra Soriano nel Cimino. Una storia bella e triste perché… non vi sveleremo il finale. Certo è che la novella offre un bellissimo spaccato della Soriano agli albori del Novecento, con i suoi personaggi, le casette e i boschi; narra di uomini e donne vissuti non molto tempo fa, ma lontani anni luce da noi per mentalità e costumi. E resta infine il dubbio (delizioso) che la novella pirandelliana possa avere qualche spunto autobiografico…?
È probabile che lo scrittore siciliano abbia scritto questa novella durante una delle sue villeggiature a Soriano, dove si incontrava con il suo amico e professore Ernesto Monaci. Pirandello amava il borgo dei Cimini ed era letteralmente affascinato dalla maestosità e dalla quiete dei castagneti. E quando il vento faceva stormire le cime più alte degli alberi, gli sembrava di udire un fragore come di onde di mare.
Ancora oggi a Soriano si può ammirare la villetta immersa nel verde dove lo scrittore siciliano soggiornava con la famiglia.
La foto d’epoca che ritrae Pirandello a Soriano è tratta dal blog www.bibliotecadellamemoria.weebly.com