Viterbo, città di mura.
Mura come bastioni invalicabili, che difendono il centro come una possente armatura. Mura come pareti sicure di una casa di tutti.
Ci sono mura anche nel carattere degli stessi viterbesi, di primo acchito scontrosi e diffidenti nei confronti del visitatore, del nuovo che arriva. Ma se il visitatore trova la chiave di accesso, i viterbesi si aprono e offrono amicizia, cuore e sorrisi. E quelle stesse mura grigie e severe, che prima sbarravano l’accesso e lo sguardo, diventano un caldo abbraccio.
Le mura si aprono e raccontano dei lunghi secoli di storia che le hanno attraversate, di personaggi che hanno visto passare: santi, condottieri, imperatori. Eroismi, crudeltà, beatitudini. A Viterbo, le mura parlano a chi le sa ascoltare.
E c’è un muro, a Viterbo, che parla più degli altri. È stato un artista, Mauro Magni, a permettergli di farlo, strappandolo all’anonimato e regalandolo all’arte. Nel quartiere di san Pellegrino, nel cuore del cuore della città, il muro racconta una preghiera.
Quella che l’uomo assurto alla cattedra di Pietro – Francesco – recitò nel 2014 insieme a coloro che ritiene suoi fratelli: il presidente israeliano Shimon Peres, il presidente palestinese Abu Mazen e il patriarca ortodosso Bartolomeo I. I più alti dignitari religiosi cristiani e gli esponenti delle fazioni impegnate nell’eterna guerra che strazia il Medio Oriente si sono riuniti a pregare quel Dio che è come un unico diamante, di cui ognuno sceglie di pregare una sfaccettatura. Un Dio che spesso appare distante e lontano dalle miserie di questo mondo.
Il titolo dell’opera, ????? (????), invita a guardarsi dentro, a ritrovare umanità ed empatia in un mondo scosso da feroci conflitti. Marte, dio della guerra, è simboleggiato da una torre di Babele, il mitico edificio costruito dall’uomo per avvicinarsi sempre di più al cielo.
Le parole della preghiera spiccano, come tracciate col gesso su una lavagna. L’invocazione “? ???” si ripete più volte, come un mantra, e si distorce sul finale in “????”. È un finale pessimista, che riverbera sulle macerie della torre di Babele e dell’umanità devastata da se stessa.
Ma noi vogliamo pensare che il muro tra piazza san Carluccio e via Pietra del Pesce ci parli anche di speranza. Che sia soltanto questione di trovare la chiave di accesso ad un umanità finalmente libera da avidità, prevaricazione, razzismo, violenza. Finalmente libera dall’odio.
E vorremmo che in futuro altre mura a Viterbo fossero messe in condizioni di parlare apertamente.
la foto è di Melania Migliozzi.