“Si dice che la porta sia la parte più lunga di un viaggio”
In una mattinata un po’ uggiosa, ultimamente purtroppo ce ne sono molte di giornate così, mi è venuta un’idea. Un’idea se vogliamo strana. Strana per chi come me usa la macchina sempre per compiere spostamenti. Dopo aver parcheggiato a Valle Faul a Viterbo, ma prima di tutto dopo essere distrattamente passata attraverso la piccola porta di accesso alla città, quella chiamata appunto Porta Faul, mi sono resa conto che non ho mai guardato con attenzione quella struttura.
Convinta di trovare una bella cosa da raccontarvi, e col senno di poi l’ho trovata, munita del mio ombrellino marrone – le indicazioni le faccio precise ci fosse caso mai qualcuno che mi avesse avvistata – un ombrellino dicevo un po’ malandato, qualche stecca è saltata reduce delle battaglie che mio figlio conduce sullo scuolabus, ma questa è un’altra storia, non vi sto a tediare con i miei piccoli guai famigliari.
Una volta giunta in loco, alzando lo sguardo, incurante delle espressioni di meraviglia degli automobilisti ,qualcuno ha fatto anche gesti diciamo poco ortodossi, altri si saranno sicuramente chiesti dove mai andasse la “matta di turno” a piedi e con quel tempo da lupi.
La matta in questione, però, tutta impettita davanti a Porta Faul ha scoperto una meraviglia.
La porta si apre all’interno di una struttura antica a forma di torre, in cima vi è riconoscibilissimo lo stemma della famiglia Farnese, i gigli di Francia. Un ‘epigrafe ricorda al viandante che essa è stata aperta nel 1568, dopo la chiusura di Porta di Valle, con la benedizione del cardinal Alessandro Farnese. Proprio grazie alla nobile famiglia essa era anticamente conosciuta come Porta Farnesiana.
Come spesso faccio una volta tornata a casa mi sono divertita a cercare notizie storiche sulla porta, ma come altrettanto spesso accade non ho trovato nulla di esteso. Le notizie sono sempre frammentarie, fatte ad uso e consumo dei curiosi distratti, spesso turisti. Una cosa interessante però l’ho trovata. Il perimetro murario su cui l’apertura fa bella mostra di sé fu costruito nel 1268, secondo una iscrizione su di una lastra di peperino murata sul lato sinistro alla porta che tradotta recita “Nell’anno 1268 l’illustre stirpe di Raniero Gatti, Visconte, per grazia di Dio capitano egli stesso di Viterbo, fece costruire queste mura con una fonte ricca di acque , al di qua e al di là della torre del fosso di Faul”; quindi le mura servivano per chiudere la valle del torrente Urcionio, il quale manco a dirlo più volte ha alzato la testa per riprendersi ciò che per di diritto di natura era suo.
Poco oltre la rotonda, sempre piena di auto, è visibile il complesso sepolcrale di Poggio Giudio, un’area che trae il nome dal fatto che nel Medioevo era riservata alla sepoltura degli ebrei.
Ricapitolando: La Porta è veramente bella, vi sono poche notizie, e se proprio volete fare come me almeno andateci in un giorno di sole.