Era freddo, ricordo, un freddo che tagliava le guance e faceva colare il naso. Le olive si raccoglievano rigorosamente “dopo la Madonna”, ossia dopo l’otto dicembre, giorno dell’Immacolata. “Hanno da pijà na sfreddolata, pe esse bone”, affermava mio nonno, che di olive se ne intendeva. Il podere brulicava di uomini e donne dalle mani arrossate, e a noi bambini avevano dato dei piccoli rastrelli con cui pettinavamo i rami più bassi. Ci sentivamo importanti e utili, ma dopo un po’ ci stancavamo e andavamo a correre e a giocare tra i filari. Le donne spostavano i teli pesanti di olive e riempivano i bigonci, e intanto chiacchieravano instancabilmente di ricette e ridevano su pettegolezzi nuovi di zecca. Gli uomini di casa erano arrampicati sulle scale di legno e discutevano di resa, “quest’anno famo il diciotto!” “ma che, non le vedi quanto so’ belle? Que’ fanno pure il venti!”. Allora il concetto di resa mi appariva misterioso, così come non mi spiegavo come potesse scaturire l’olio di oliva da quei frutti nero-viola luccicanti al sole dicembrino. E a mezzogiorno si preparava la brace per la bruschetta. La nonna apriva i lembi delle tovaglie con cui aveva legato pentole ricolme di delizie, e si mangiava appoggiati ai tronchi nodosi. Guardavo la mia famiglia riunita, le zie e i cuginetti, i miei genitori, e mi sentivo felice.
Momenti impressi nella mia memoria, e scommetto anche in quella di molti che ci stanno leggendo. Il tempo della raccolta era un concentrato di istanti indimenticabili, ricco e pieno come lo era l’oro verde e piccantino che ne scaturiva. La famiglia si rinsaldava intorno ai saggi e contorti tronchi nodosi, e la sapienza contadina passava da una generazione all’altra come un dono prezioso.

L’olio della Tuscia è ancora oggi considerato uno dei migliori d’Italia, una via di mezzo virtuosa tra la delicatezza dell’olio ligure e la forza dell’olio pugliese. A quarant’anni da allora però, molte cose sono cambiate. In meglio? In peggio? Non so. Certo esistono moderne attrezzature, che abbreviano di molto i tempi della raccolta. E in un mondo perennemente di corsa, in cui la raccolta delle olive si considera talvolta una fastidiosa incombenza, questo non può che far comodo. Le olive si raccolgono ormai prima dell’Immacolata: nessuno vuole più affrontare il freddo che taglia le mani, e pazienza se la resa non è più quella di una volta. Nella Tuscia di un tempo la raccolta delle olive era fondamentale per l’economia di molte famiglie, che facevano l’olio per casa, e vendevano l’eccedenza ai pochi che non avevano un pezzo di terra a oliveto. Oggi lavoriamo tutti, e capita di dover comprare l’olio al supermercato. Tanti bambini non sanno cosa vuol dire raccogliere le olive. E molti hanno dimenticato l’amore e il rispetto verso quei tronchi rugosi e fitti che, spesso abbandonati ed incolti, punteggiano ancora di verde e di argento le nostre campagne.

Anonimo

Scritto da:

Donatella Agostini

Imparare cose nuove è il mio filo conduttore, darmi sempre nuovi obiettivi la mia caratteristica fondamentale. Valorizzare la terra in cui vivo è il mio progetto attuale.