Nell’immaginario collettivo la parola strega evoca due diverse tipologie di donna: una donna mal vestita, spettinata, col naso adunco, una megera per indendersi con scopa e forcone, spesso sporca di fuliggine, oppure una donna bellissima, con abiti neri, con occhi magnetici, capelli lunghi e lucenti, visione evocata da troppi film contemporanei.
Negli archivi diocesani o in quelli storici si ritrovano molti verbali di processi a queste sventurate, avvenuti non nel Medioevo, come spesso si è portati a pensare, ma nel Rinascimento, che fu l’epoca in cui più roghi rischiararono le piazze di tutta Italia.
Nelle carte del notaio Giovanni di Andrea del 1347 conservate presso il Centro Diocesano di Documentazione di Viterbo è riportata una nota spese per l’allestimento di un rogo per una tal Rita di Angeluccio. Si legge tra le righe che occorsero 5 soldi per il trasporto della poveretta a dorso d’asino, 30 soldi per la legna, le pertiche, le scope e i pali.
In seguito alla predicazione di Padre Bernardino degli Albizzeschi, a noi noto come San Bernardino, si ebbe un risveglio, diciamo delle coscienze, non in senso positivo e bonario, tutt’altro, egli con grande trasporto iniziò a condannare per eresia tutti coloro che tenevano dei comportamenti strani, o ritenuti tali, iniziarono così anche i “roghi delle vanità” per la purificazione dei peccati. Nel 1426 Bernardino a Viterbo, riportando le parole di Niccolò della Tuccia “fece abbruciare tutti i tavolieri da giuocare, libri d’incanto, carte, brevi, pianelle di donne sfogliate […]”, tutto per pacificare gli animi e per trovare un colpevole, certo stanare Satana era difficile, più alla portata erano le povere donne.
I processi più avvincenti, ai quali partecipavano un gran numero di persone, furono quelli che portarono poi al rogo, ma anche ad altre condanne, non meno cruente. Una donna di Vetralla ad esempio fu esposta dentro ad una gabbia sospesa nella primavera del 1540, dai verbali non si evince tuttavia se si salvò oppure morì di stenti. Molte furono torturate, due tiri di corda toccò ad Evangelista di Civitella, poi appesa per tre ore per i pollici, ma ella resistette e fu salva.
Donna Betta di Bolsena, contadina, fu accusata di stregoneria da alcune donne di Montefiascone, più per invidia che per reale reato, ma ne uscì pulita, così come Donna Livia di Ischia di Castro nel 1640.
Si sta per avvicinare la festa pagana di Halloween, di streghe e maliarde ne vedremo tante, ma datemi retta quelle che patirono sul rogo non furono magiche, ma solo povere donne e citando Voltaire “Le streghe hanno smesso di esistere quando abbiamo smesso di bruciarle”.
Bibliografia: Streghe e stregoneria in terra di Tuscia, G. Breccola.