Il Corteo Storico scorre lentamente tra due ali di folla. È una fiumana silenziosa di colore e di fede, che incede al ritmo cadenzato dei tamburi. Oltre trecento figuranti, adulti ma anche bambini, impersonano la storia e la devozione verso Santa Rosa. E sono proprio i piccoli viterbesi, i Boccioli, ad aprire il corteo: fin dall’infanzia Santa Rosa inizia ad occupare un posto nel cuore dei viterbesi. Una tradizione che affonda nella notte dei tempi, da quando cioè le autorità cittadine, civili ed ecclesiastiche, andavano a rendere omaggio in pompa magna alla loro patrona, chiedendo sostegno e protezione. E la tradizione è diventata consuetudine.
La storia sfila sotto i nostri occhi di spettatori del XXI secolo, come per effetto di una magica macchina del tempo. Sette secoli, a partire da quel lontano Duecento in cui apparve all’orizzonte cittadino una ragazza dolce come il nome che portava, ma tenace e volitiva come l’acciaio, e Viterbo si innamorò di lei.
Sfilano i secoli separati dall’incedere delle Rosine, bambine e ragazze vestite con un saio grigio e viola che portano cesti di rose. Sono le uniche rappresentanti del sesso femminile, ma non per maschilismo: a sfilare sono le autorità di ogni epoca, e fino all’Ottocento alle donne era preclusa la carriera politica, per non parlare di quella ecclesiastica.
Dalle tele ruvide e monacali del Medioevo, allo sfarzo delle sete e dei colori del Rinascimento. Copricapi piumati, cappe di ermellino, elmi metallici, mantelli bordati di fili dorati. Milizie armate, perché in ogni epoca è apparsa la discordia e la guerra. Sfila la fede, quel cuore di santa Rosa che sfidò le leggi della natura e continuò a battere testardamente fino a diciotto anni di età. Sfila sorretto dai suoi Facchini, in un reliquiario dorato bordato da rose rosse e bianche.
Il Corteo del Centro Storico si svolge ogni 2 settembre, ma è frutto del lavoro ininterrotto di meticolosi artigiani durante tutto l’anno. Immaginate con quanta cura vengono realizzati gli abiti, gli accessori, le acconciature. Quanta cura ci vuole per documentarsi, attraverso disegni e testimonianze scritte, per far sì che quello che vediamo sia il più possibile fedele alla nostra storia. Per ricordarci, una volta di più, chi siamo stati.