Il complesso di Santa Maria in Gradi, situato a poca distanza dalle mura che circondano il centro storico della città di Viterbo, è uno dei monumenti più belli e imponenti che il capoluogo della Tuscia abbia da offrire.
Esso presenta una storia travagliata e non facile da raccontare, ma per nostra immensa fortuna dal lieto fine: oggi infatti centinaia di studenti percorrono ogni giorno i suoi corridoi, districandosi tra lezioni ed esami.

Ma quelle mura, come sappiamo, non hanno conosciuto solo i sorrisi della gioventù: c’era un tempo in cui preghiere bisbigliate si accompagnavano a fioche candele e a fruscii di lunghe tuniche; ce n’era un altro in cui le sbarre erano l’elemento architettonico più diffuso e il dolore per la perdita della libertà non sempre portava al pentimento; poi ce n’è stato uno, durato forse una manciata di attimi, in cui le grida e i sospiri dei carcerati sono stati ammutoliti dall’insopportabile frastuono delle bombe e dall’ inarrestabile crollo della storia.

Ma andiamo con calma e partiamo dall’inizio: il complesso è stato eretto nel 1244 per volere di Raniero Capocci, notaio pontificio di Viterbo, ed è stato per diversi secoli un convento domenicano.
Ancora oggi al suo interno sono visibili testimonianze storiche e artistiche dell’epoca, prima tra tutte il suggestivo chiostro medievale decorato secondo l’apparato originale; a fargli da contraltare c’è l’altro chiostro, costruito nel 1306 ma rimaneggiato più volte e oggi abbellito da severe forme seicentesche.
Fulcro centrale del complesso è la chiesa di Santa Maria in Gradi, risalente alla seconda metà del Duecento e così chiamata perché caratterizzata da una scalinata di ingresso (“ad gradus” appunto); dopo essere stata radicalmente ricostruita nel corso del XVIII secolo da Nicola Salvi, architetto della Fontana di Trevi, l’edificio ha subito gravi danni a causa dei bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, rimanendo per anni esposto alle intemperie e in un generale stato di abbandono, soprattutto durante il periodo in cui l’intero complesso era sede del carcere (1873 – 1993).
A partire dal 1996 sono stati fatti importanti lavori di restauro, convertendo il carcere nella sede del rettorato e degli uffici amministrativi dell’ Università degli Studi della Tuscia, che oggi si presenta come una delle università più belle d’Italia.

Tuttavia, c’è ancora una parte che aspetta di tornare al suo antico splendore: stiamo parlando della chiesa, cristallizzata in quella bolla della storia in cui il mondo sembrava essersi fermato per sempre.
Chissà se un giorno riusciremo a mettere davvero un punto a quella terribile parentesi del genere umano, chissà se Santa Maria in Gradi riuscirà a respirare nuovamente a pieni polmoni dopo che le bombe hanno sventrato il suo cuore; intanto io, come sua studentessa, posso solo darle un po’ di pace.

Anonimo

Scritto da:

Carolina Trenta

Un po' romantica un po' nerd, appassionata lettrice e cultrice di storie, raramente a mio agio nella folla; amo il mare fuori stagione, il legno del violino, l'aroma del cappuccino, le matite che scorrono sulla carta, i cuscinetti sotto le zampe dei gatti. Quando tanti pensieri si accavallano nella mia mente li metto nero su bianco e ogni tanto ne esce fuori qualcosa di buono, ma senza troppe pretese.
Mi sono laureata in Filologia Moderna presso l'Università degli Studi della Tuscia e per il mio futuro spero di lavorare in una di quelle biblioteche giganti che si vedono nei film :)