Come ogni festa comandata, anche Pasqua e Pasquetta erano giorni che noi bambini viterbesi di un tempo attendevamo con ansia: le vacanze da scuola, il primo sole primaverile, la masnada di cuginetti con cui giocare all’aperto… 


E ricordo che ci buttavamo fin dalla prima colazione sul bendidio che le mamme e le nonne avevano preparato: uova sode, affettati, coratella, pizze salate e dolci. Le uova di cioccolato da rompere, per scoprire la sorpresa dentro… Era una vera festa, e non importa se spesso la sorpresa non era niente di che!

Ma ricordo che c’erano anche dei dolci molto particolari, che le nonne e le mamme viterbesi avevano preparato per tempo: il bracone e la scarsella. In genere si portavano per il picnic di Pasquetta, e ricordo anche che erano motivo di battute misteriose tra adulti. Per me non avevano mistero: erano molto carini ma soprattutto buonissimi.


Il bracone era un omino di pasta, mentre la scarsella poteva prendere la forma di una borsetta con il manico, o di una bambolina, o di una ciambella. Entrambi però avevano sempre un uovo al centro, tenuto fermo da strisce di pasta dorata. Dispiaceva romperli per mangiarli!


Ricordo che un giorno chiesi il motivo dei loro nomi: a quanto pare, la scarsella si chiamava così dal nome di certi borselli in cui si riponevano monete. E immaginai che il bracone si chiamasse in questo modo per prendere in giro i maschietti che andavano in giro senza cintura, così che i pantaloni scendevano un po’ troppo in basso! 


Ma restava il mistero del ridacchiare imbarazzato degli adulti quando parlavano di “rompere la scarsella a Pasquetta”. Che cosa mai volevano dire? Intuivo che non ne parlavano volentieri con i bambini, così tenni l’interrogativo per me e la questione rimase insoluta fino a quando non andai alle medie, e qualche ragazzina più sveglia mi illuminò sul doppio senso… 


Il bracone e la scarsella fanno parte dei sapori di Tuscia diventati rari. Ad oggi soltanto qualche forno e qualche pasticceria li preparano: nelle famiglie attuali, con le mamme trafelate che si dividono tra casa e lavoro, non se ne preparano quasi più. E forse, non ci sono nemmeno più bambini così innocenti da non capire il significato di “rompere la scarsella” che tanto faceva sorridere un tempo.


Però, quando questa epidemia avrà finalmente termine, torneremo ad organizzare picnic oceanici nelle nostre belle zone della Tuscia. E allora potremo di nuovo portare con noi queste chicche uniche e semplici da preparare.


In attesa che si possa fare, vi forniamo la ricetta per preparare una scarsella e un bracone:

  • 500 g di farina
  • 5 cucchiai di olio extravergine di oliva
  • un bicchiere e mezzo di latte tiepido
  • 1 uovo per l’impasto e 2 per la decorazione
  • 150 g di zucchero
  • scorza di limone grattugiata
  • mezza bustina di lievito in polvere.


Mescolate la farina, il lievito setacciato, lo zucchero insieme all’olio e al latte. Unite un uovo intero e grattugiateci un po’ di scorza di limone. Impastate a lungo, aggiungendo eventualmente un altro goccio di latte se l’impasto risulta troppo duro.
Una volta pronto dategli la forma di una borsetta per la scarsella, e di un omino per il bracone. Inserite al centro un uovo fresco con tutto il guscio (ben lavato) e fermatelo con delle striscette di pasta incrociate. Intanto, accendete il forno a 180 gradi. Decorate il resto come vi suggerisce la vostra fantasia: zuccherini colorati, gocce di cioccolato, zucchero a velo, ecc.

Posizionate i dolci su una teglia foderata con carta da forno ed inserite in forno. Fate cuocere per circa 40 minuti, fino a doratura della pasta.
Buon appetito e auguri!!!!

La foto è tratta da www.visit.viterbo.it

Anonimo

Scritto da:

Donatella Agostini

Imparare cose nuove è il mio filo conduttore, darmi sempre nuovi obiettivi la mia caratteristica fondamentale. Valorizzare la terra in cui vivo è il mio progetto attuale.