Chi viene a Viterbo e visita piazza San Lorenzo, nell’ammirare l’elegante palcoscenico rappresentato dalla Loggia Papale e dalla Cattedrale, non può fare a meno di notare, proprio di fronte, un complesso fatiscente e chiuso al pubblico. Cosa avranno ospitato, nel corso del tempo, quelle mura di un arancio sbiadito?
Se il visitatore lo chiedesse a un qualunque viterbese, questi gli risponderebbe: è il vecchio Ospedale. Io mi ricorderei che è lì che sono nati i miei figli, non troppo tempo fa, in camerate antiquate con i letti di ferro; è lì che nel maggio del ’91, un paio di mesi prima l’inaugurazione di Belcolle, a causa di piogge abbondanti, in un angolo del reparto maternità l’acqua filtrava dal tetto in rovina e sgocciolava senza riguardi sulla statua della Madonnina e i vasi di fiori messi davanti. Ma non saprei rispondere a domande sulla sua storia, su quanto sia antico il complesso.
Così sono andata a documentarmi, e ho scoperto che la prima costruzione risale al 1573: ci credereste? A quel tempo era il più grande ospedale mai esistito a Viterbo, e naturalmente venne chiamato così, Ospedale Grande. Per costruirlo ci vollero 500 scudi, più della metà pagati dai cardinali Alessandro Farnese e Gambara, quello di Villa Lante. Naturalmente le sue dimensioni originarie erano molto più contenute, e infatti venne ampliato a più riprese.
Agli inizi del Seicento Camillo De Lellis – il santo poi divenuto patrono degli ospedali –inviò religiosi del suo ordine affinché si prendessero cura dei malati viterbesi ricoverati. Nel Settecento erano presenti un primario e un chirurgo, il cui ruolo, alla fine del secolo, venne ricoperto dal famoso dottor Prospero Selli, professore di anatomia all’università di Roma, che impartiva lezioni quotidiane di teoria e di pratica medica agli infermieri e ai volontari.
Arrivò la Rivoluzione Francese, e con essa un periodo di disordini e di violenze. Le feroci truppe francesi depredavano anche gli ospedali, facendo incetta di biancheria e medicinali. Anche il nostro Ospedale venne brutalmente saccheggiato, ma riuscì a rimettersi in piedi grazie ai cittadini viterbesi, che autotassandosi lo rifornirono nuovamente di quanto necessario.
Agli inizi dell’Ottocento l’Ospedale ospitò la prima Scuola Clinica dello Stato Pontificio, praticamente la facoltà di medicina del territorio papale. L’Ospedale vantava una moderna struttura, con la corsia per gli uomini e quella per le donne, ampi saloni, e soprattutto le camere anatomiche e i locali dove svolgere le lezioni di medicina, di chirurgia e di anatomia. Ma nel 1824 papa Leone XII stabilì che la laurea in medicina poteva essere rilasciata unicamente dalle università di Roma e di Bologna, così l’esperienza della Scuola Clinica viterbese ebbe fine.
L’aspetto attuale risale alla seconda metà dell’Ottocento. Già allora si cominciava ad avvertire l’esigenza di un nuovo Ospedale, più grande e comodo. Un’esigenza che diventò pressante alla metà del Novecento, quando l’Ospedale venne gravemente danneggiato dai pesanti bombardamenti del secondo conflitto mondiale. Qualche anno dopo l’Ospedale ricevette l’ingente eredità di Renato Vanni, figlio del famoso pittore viterbese Pietro e della nobildonna Angela Calabresi. L’eredità era costituita da un centinaio di ettari di terreno e fabbricati, tra i quali palazzo Calabresi – quello in via Roma con la bella Loggia in stile medievale di cui abbiamo parlato di recente. Dopo le riparazioni dei danni di guerra, il complesso assunse il nome di Ospedale Grande degli Infermi “Renato Capotondi Calabresi”, dal nome del primo figlio di Angela prematuramente scomparso.
Il resto è storia recente. Nel ’91 venne inaugurato il nuovo Ospedale di Belcolle, eretto sul terreno facente parte dell’eredità Vanni. Dopo trent’anni l’ospedale è attivo soltanto a metà… Ma questa è un’altra storia. Il vecchio complesso, in disuso e malinconicamente abbandonato, dovrebbe però rinascere presto a nuova vita. È stato firmato un progetto tra Regione Lazio e Mibact per renderlo un grande centro culturale, innovativo e funzionale, che ospiterà anche l’Archivio di Stato e gli uffici della Sovrintendenza.
Noi di RaccontiAmo Viterbo abbiamo deciso di accantonare, per una volta, l’abituale scetticismo che a Viterbo accompagna sempre annunci di questo tipo, e di esserne semplicemente felici. Se il progetto andrà in porto, anche la splendida piazza San Lorenzo sarà ulteriormente impreziosita e riqualificata. E ai visitatori che ci domanderanno cosa sia quel bel complesso di fronte alla Cattedrale, noi potremo rispondere orgogliosi: è il luogo dove un tempo si curavano i corpi. Ora è la casa della cultura.
Bello complimenti!
Grazie infinite