Era una giornata fredda e con poca luce, quando il notaio Rubinius Jacobi prese carta e penna e iniziò a rogare il suo atto. Era cosa di gran conto, ma lui ormai vecchio canuto era avvezzo a farlo. Si sfregò le mani intorpidite dal freddo, uno sguardo alla porta del suo piccolo studio prima di intingere la penna, ben appuntita, nel calamaio ricolmo d’inchiostro.
Orte 30 Gennaro 1285, egli scrisse in cima con la sua bella grafia. Quanti colpi sordi di bacchetta avevano riscosso quelle mani da bambino, quando scolaro iniziava a scrivere imprecisi segni neri un po’ sbavati. Seduti in un angolo dello studio c’erano Leonardo di ser Giacomo e Pasquale di Messer Pietro. I due avevano quel giorno ricevuto da Angelo di Mosè, giudeo risiedente in Orte, 24 tornesi (denaro d’argento XI sec.) e si impegnavano a restituirli, dietro pagamento di un interesse, impegnando pure tutti i loro averi.
Messer Mosè non era persona da poco, anzi rispettabilissima. Si era stabilito con la famiglia nel paese da qualche anno e mai aveva fatto parlare di sé, mai le cronache del tempo lo citano per atti strani, mai la sua attività di prestavaluta aveva messo in sospetto la Chiesa. Il Notaio quel giorno tra il freddo e la smania di mettere sotto i denti il cibo che la sua fantesca aveva preparato, quello stesso cibo che faceva sentire il suo odore da dietro la porta semi aperta, quella per intenderci che mai il notaio perdeva di vista, si dimenticò di apporre la data di scadenza del debito.
Cosa strana assai in un rogito notarile, cosa da costargli la carriera. Ma messere lo notaro era ben coperto, aveva buoni santi in Paradiso. Aveva lasciato degli spazi, forse per riempirli quando il suo stomaco sarebbe stato pieno, forse poi, ma io vi assicuro forse mai…
Oggi nel giorno della memoria, questo 27 di gennaio, freddo come quel 30 dello stesso mese di tanti anni fa, freddo per le temperature, ma anche per la memoria che evoca, ho voluto riportare e ricordare la presenza degli ebrei sul nostro territorio. L’ho voluti ricordare nella maniera a me più consona, attingendo dai documenti. L’ho voluti ricordare nell’attività che spesso li ha portati ad essere additati come “strozzini”.
Un’attività che, cari lettori, era svolta da molti in quegli anni, era svolta alla luce del sole, vedete bene davanti ad un rispettabilissimo, seppur smemorato notaio. La Chiesa chiudeva un occhio, spesso li spalancava entrambi davanti alla quantità d’oro e di denaro, ma quel lavoro poco rispettabile per i cristiani serviva molto per far smuovere l’economia.
Negli statuti si legge che essi si integrarono magnificamente e a riprova di ciò gli venne concesso anche un pezzo di terra comunale per le loro sepolture. Oggi, domani e sempre dovremmo ricordare, la memoria deve essere un lungo ricordo, deve far conoscere, far riflettere e solo la cultura ci può venire incontro.
Racconto di fantasia con personaggi reali
Archivio di Stato di Viterbo fondo notarile città di Orte, notaio Rubinius Jacopi, 1285.