Secoli fa lo skyliner viterbese era molto meno uniforme di ora. A rendere inconfondibile il panorama della città erano le decine e decine di torri svettanti, che prendevano il nome dalle famiglie proprietarie. Alcune erano talmente alte che potevano definirsi senz’altro grattacieli del Medioevo. Più era alta la torre, maggiore era il prestigio della casata che la possedeva. Una torre però poteva essere “capitozzata”, ossia abbassata, quando il proprietario si macchiava di qualche delitto. Anzi, più era grave la colpa, più si abbassava la torre (o la si demoliva del tutto), e il moncone che rimaneva era vergogna perenne su di lui e su tutta la sua famiglia.
Oggi purtroppo ne restano in piedi poche, quelle che nel tempo hanno resistito ai terremoti, alle guerre e alle ristrutturazioni urbanistiche: torre Chigi, torre del Borgognone, torre degli Alessandri, torre della Galiana. Nello storico quartiere di Pianoscarano curiosamente non esistono torri. E questo in una città che nel Rinascimento era arrivata a contarne ben 197! Strano, no? Ma una ragione c’è. E ve la raccontiamo noi.
Era l’anno 1367, e il severo papa francese Urbano V, lasciata definitivamente Avignone per fare ritorno a Roma, durante il tragitto si fermò per qualche giorno a Viterbo. Era il primo pontefice che rimetteva piede in città dopo ben 86 anni: i Viterbesi ci tenevano a fare bella figura. Visto mai che Viterbo potesse tornare ad essere splendida sede papale? Così lo accolsero con tutti gli onori del caso. Ma non tutto andò per il verso giusto.
Accadde che alcuni servi francesi al seguito del papa avessero la brillante idea di lavare un cane nella fontana di Pianoscarano. Figuriamoci! Una fontana che forniva acqua potabile all’intero quartiere! Una donna del posto, che stava prendendo l’acqua, si oppose con fermezza a quei prepotenti. Ma i francesi si fecero due risate e continuarono tranquillamente nella loro toletta canina. Allora i piascaranesi, che notoriamente non si fanno saltare la mosca al naso, insorsero compatti in sua difesa. Ne nacque una rissa violenta che degenerò in rivolta, nel corso della quale rimase uccisa la coraggiosa donna del popolo, oltre che diversi componenti delle due fazioni.
La rivolta fu ferocemente repressa dal papa, che fece impiccare subito dieci rivoltosi viterbesi. Una cinquantina di altri furono invece imprigionati in attesa di essere giustiziati. Per implorare il perdono del papa i viterbesi arrivarono addirittura a demolire la preziosa fontana di Pianoscarano, ma invano. In difesa dei condannati intervenne infine il cardinale Marco da Viterbo, che intercedette presso il vendicativo pontefice salvando loro la vita.
Non ancora pago dell’affronto subìto, papa Urbano ordinò di radere al suolo tutte le torri di Pianoscarano. E adesso noi sappiamo che cosa stava a significare…
Finale della storia. La fontana di Pianoscarano è stata fedelmente ricostruita. Papa Urbano V fu proclamato beato nell’Ottocento. Il quartiere di Pianoscarano è ancora oggi bellissimo e suggestivo. Ma non ha più nessuna torre.
la foto del cagnolino è di Irene Tortoreto