In un tempo molto remoto, nella Tarquinia degli etruschi, un contadino arava quotidianamente con costanza e dedizione il suo campo nei pressi del fiume Marta.
Un giorno egli, stanco e provato dalla fatica del duro lavoro, all’improvviso vide una zolla di terra sollevarsi dal solco che stava tracciando ed assumere le sembianze di un fanciullo; incredulo, pensava che stesse sognando o che avesse le allucinazioni, ma dovette ricredersi presto.
Il ragazzo, che il contadino chiamò Tagete, era dotato di grande saggezza e di virtù profetiche, come testimoniavano i suoi folti capelli bianchi.
Tuttavia, la sua fu un’apparizione molto fugace; si narra infatti che egli scomparve subito dopo aver insegnato l’arte di predire il futuro attraverso i fulmini e le interiora degli animali agli Etruschi, accorsi in grandi folle sul luogo della sua nascita.
Per non rendere vano e dimenticare quanto appreso, gli insegnamenti di Tagete vennero immediatamente trascritti in una serie di libri sacri, considerati la fonte ufficiale della misteriosa e affascinante religione etrusca
Sebbene la divinità sia scomparsa agli occhi del popolo etrusco nell’arco di poche ore, oggi il tagete è largamente utilizzato e diffuso nella nostra società: si tratta di un fiore dai caldi colori dell’estate, noto soprattutto per la decorazione degli altari e l’abbellimento delle tombe durante le celebrazioni del Dia de Los Muertos in Messico nei primi giorni di Novembre.
Nel linguaggio dei fiori, il tagete simboleggia la “comprensione”, proprio in onore del divino che Tagete rese comprensibili al popolo di Tarquinia l’arte della divinazione e la volontà degli dei.
Foto tratta dal sito www.museivaticani.va