Giuseppe sapeva che avrebbe ricordato gli ultimi anni per sempre. Poche cose ti segnano come la guerra e quella che aveva fatto lui era una guerra di trincea. Sfiancante, frustrante, pervasiva.
L’avevano chiamata “Grande Guerra”. Un nome altisonante per cercare di trovare un senso virile ad una grande tragedia.
Era il 1919 e lui finalmente se ne tornava a Viterbo. Mai più armi, mai più bombe, mai più morte. Si sarebbe dato al caffè ed ai cappuccini decise. Aprì un bar in via Cavour. all’angolo di piazza del Comune. Oggi non c’è più ma l’avreste trovato molto vicino al Bar Centrale Viterbo.
Quel baretto sarebbe molto presto diventato un pulsante punto di ritrovo degli appassionati sportivi di Viterbo, che lì si incontravano per confrontarsi, discutere, litigare, fare a cazzotti perché spesso si sa come finiscono i discorsi di tifoseria.
Giuseppe Vismara fu quindi, dal suo baretto, propulsore per lo sport di Viterbo.
Lui ed alcuni amici – Iginio Garbini, Consalvo Martelli, Valerio Tedeschi, Alfredo Recine – fondarono l’Unione Sportiva Viterbese con sede al Teatro del Genio che il Comune voleva demolire (tutto cambia per non cambiare direbbe qualcuno).
La cosa più simpatica di tutto ciò? Che Viterbo non aveva uno stadio: si giocava a calcio a Piazzale Gramsci con la tifoseria sul marciapiede e le bestemmie dei passanti infastiditi.
Da un bar quindi parte la storia della U.S. Viterbese 1908, che a giorni comincerà il campionato. In bocca a lui ragazzi!